TEMPO DI PASQUA 2012

CONCLUDERO' UN'ALLEANZA NUOVA

 

Il tempo di Pasqua

 

“Cristo è risorto, sì è veramente risorto! Sono questi gli auguri che i cristiani di ieri e di oggi si scambiano nella Notte Santa, quella che segna il passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia. La notte di Pasqua non è solo la memoria della Resurrezione di un uomo, ma è il perno, il cuore, il centro di tutta la Storia. Da quella notte, infatti, Dio non è più lontano, l’uomo può tendere verso il cielo. Le porte del Paradiso si sono aperte quella notte, il peccato che ha trionfato attraverso la morte è distrutto dalla morte stessa del figlio di Dio, colui che è autore della vita. La Pasqua dunque è annuncio di una gioia grande, le campane che nella Santa Notte che risuonano all’interno delle nostre città dicono che la vita trionfa sulla morte. Lo dicono a tutti, lo dicono ai cristiani, ma lo dicono anche a quanti hanno abbandonato la fede o a quanti hanno scelto di percorrere altre strade. Lo dicono perché questo è un evento che coinvolge l’intera umanità. A partire, infatti, dalla Resurrezione ciascun uomo può sperimentare una dignità diversa, può riconoscersi, in modo speciale, amato da Dio.

 

don Gianni

 

Il tempo di Pasqua...

I cinquanta giorni dalla domenica di Risurrezione alla domenica di Pentecoste sono celebrati nella letizia e nella esultanza come un solo giorno di festa, anzi come una “grande domenica”.

"Norme generali sull’anno liturgico 22"


L’esperienza, non soltanto recente, pone alcuni interrogativi di non poco conto sul tempo pasquale. I mutati ritmi sociali, l’avvento di temperie culturali distanti da una mentalità fortemente condizionata dal calendario ecclesiastico, esigenze “pastorali” impellenti ma distratte rispetto alla prassi e alla teologia della iniziazione cristiana, percorsi di devozione mariana e, non ultimo, le fughe vacanziere delle domeniche di maggio, certamente non aiutano fedeli e operatori pastorali nella comprensione e nella celebrazione di quello che già Tertulliano denominava “laetissimum spatium”. Permane il riferimento a uno spazio temporale sufficientemente lungo, ma esso viene impiegato per “funzioni” distanti dalla laetitia pasquale. Difficilmente questo tempo è vissuto come tempo della mistagogia e, pertanto, capace di influenzare la spiritualità delle intere comunità cristiane. Anche l’intensità e l’entusiasmo delle iniziative pastorali programmate per la Quaresima sembra sfuocarsi dopo la celebrazione del Triduo e le attività parrocchiali sembrano piuttosto proiettate verso la preparazione delle proposte estive. La stessa celebrazione dei sacramenti iniziatici indulge sovente a motivazioni sentimentali (non è una novità che tante “prime comunioni” trovino la loro collocazione nel mese di maggio in quanto mese della primavera per eccellenza, della mamma e del rosario) piuttosto che al fondamento solido della Pasqua di Cristo nella quale l’uomo diventa creatura nuova nel Battesimo e nella partecipazione eucaristica grazie all’azione dello Spirito.

Eppure, fin dalle riforme del 1951, è chiara la volontà di far emergere l’unità del tempo pasquale in quanto tempo dell’esultanza per la risurrezione del Signore e per la rinascita dei figli della Chiesa come è comprovato dai tanti testi eucologici. La denominazione “domeniche di Pasqua” delle quali quella della Risurrezione ne è la prima, i testi di preghiera, la sistemazione del Lezionario, consentono di cogliere questo tempo come unitario nel quale si distende l’esperienza pasquale dei discepoli di Cristo. È «la celebrazione pasquale nel tempo sacro dei cinquanta giorni» secondo l’orazione colletta della Messa vespertina nella Vigilia della domenica di Pentecoste.

A questa ricca sorgente devono sostare le comunità per mantenere desta la tensione accumulata nell’itinerario quaresimale e che ha trovato il suo picco nella celebrazione dei tre giorni pasquali.
 

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